Pomì e il “marketing razzista” che fa infuriare il Sud. Il gioco vale la candela?

Fare marketing con l’attualità. Si può fare, si fa sempre più spesso. Naturalmente tenendo conto delle polemiche, puntuali come le tasse quando ti schieri verso una linea di pensiero e prendi posizione. Lo sa bene Guido Barilla (ricorderete le dichiarazioni definite omofobe) e adesso lo sanno bene anche i responsabili marketing e comunicazione di Pomì, storica azienda produttrice di passate di pomodori.

Succede infatti che sulla pagina Facebook ufficiale Pomì pubblichi un’immagine dell’Italia. La zona della Pianura Padana è in evidenza e l’headline recita “Solo da qui. Solo Pomì”. Il brand tiene a precisare che i loro prodotti non provengono da quella che è stata definita “la terra dei fuochi”, una zona di terreni campani avvelenati dai rifiuti tossici scaricati dalle mafie locali. La questione è strettamente al centro del dibattito in questi giorni soprattutto dopo un servizio di denuncia andato in onda a Le Iene. Pomì ha pensato bene di rassicurare i suoi consumatori e di guadagnarci in immagine aziendale ma dopo la pubblicazione della campagna si è ritrovata addosso centinaia di polemiche.

I blog hanno definito l’operazione “iena marketing razzista”, uno “sciacallaggio degno dei peggiori avvoltoi”. Migliaia di commenti hanno invaso la pagina gridando al boicottaggio dei prodotti (“nessuno compri più i loro prodotti”, “compra sud! Usciamo da questo stato coloniale tosco-padano che ci sfrutta, ci deride e ci inquina!” giusto per citarne qualcuno). La polemica ha fatto il salto dalla rete ai media tradizionali e Pomì è finita sulle pagine dei giornali e tra i servizi del tg.

Non manca l’altra campana: una fetta consistente di utenti che bolla gli italiani come “ignoranti sempre in cerca di facili polemiche”. Pomì si aspettava una reazione del genere? Probabilmente si. Il marketing dell’azienda avrà probabilmente pensato di perseguire ugualmente questa posizione consapevole del fatto che tanto rumore avrebbe portato il brand nelle bocche di molti e che la linea intrapresa andava mantenuta. È ancora valido il detto “bene o male purché se ne parli?”. Per molti brand sì, l’importante è avere sempre pronta una strategia di crisis management per fronteggiare le polemiche sui social, ammorbidire i toni e veder crescere i Mi Piace. Ma soprattutto è bene prevedere fin da subito quali possano essere i risvolti di una campagna, analizzando bene il messaggio che si sta per veicolare e considerando se quello che si riceverà in cambio è un buon compromesso rispetto a quello che si desidera ottenere. Voi che ne pensate?

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